Ma il Privacy Protection, una delle ultime feature introdotta da Apple a tutela della privacy dei propri utenti, ha avuto un forte impatto sull’email marketing e su come vengono registrati alcuni dati di performance, in particolare l’open rate (e di conseguenza il CTOR). In questo articolo spieghiamo cos’è la Mail Privacy Protection di Apple e come ha rivoluzionato le regole dell’email marketing.

Quello della privacy è un tema di grande attualità da ormai qualche anno. Che si parli di cookie o di email, big tech e piattaforme si stanno muovendo verso una maggiore tutela degli utenti, cambiando di fatto le logiche che hanno dominato il mondo digitale finora.

Una delle ultime aziende ad introdurre un’azione che ha cambiato in parte le regole dell’email marketing è Apple, attraverso Mail Privacy Protection, una feature che, se attivata, rende di fatto impossibile tracciare le aperture di una newsletter.

Considerando che nel mondo, nel solo anno 2020, sono stati venduti 230 milioni di iPhone, 71 milioni di iPad e 20 milioni di Mac e MacBook, va da sé che l’impatto di questa nuova funzionalità non può essere sottovalutato in quanto è altamente probabile che una buona percentuale di contatti della nostra mailing list utilizzino i prodotti e le app di Apple.

Ma vediamo nel dettaglio come funziona Mail Privacy Protection, quali ripercussioni ha avuto sull’email marketing e come gestire al meglio questa situazione.

Cos’è la Mail Privacy Protection di Apple

La funzione protezione della privacy su Mail (Mail Privacy Protection) è stata annunciata da Apple a giugno 2021 e permette agli utenti che l’attivano di rendere di fatto più difficile ottenere informazioni sulle attività svolte nell’applicazione Mail.

Per dirla con le parole di Apple stessa, questa funzionalità nasconde l’indirizzo IP dell’utente, in modo che i mittenti non possano collegarlo alle altre attività che l’utente svolge online né determinare la sua posizione precisa. Impedisce anche ai mittenti di rilevare se l’utente ha aperto l’email che gli è stata inviata.

L’impatto della Mail Privacy Protection sull’email marketing

Mail Privacy Protection rende impossibile distinguere chi ha abilitato questa funzione e quindi determinare il reale comportamento dell’utente. Ciò ha dato vita ad una serie di conseguenze sia a livello tecnico sia generale, che ogni persona che si occupa di email marketing dovrebbe conoscere per poter leggere i dati, trarre conclusioni e aggiustare la strategia nella maniera più coerente possibile.

1. I tassi di apertura aumentano ma non sono affidabili

Per poter tutelare l’utente che attiva la funzione di Mail Privacy Protection, i sistemi Apple generano una serie di aperture fittizie che fanno aumentare il tasso di apertura. Tuttavia, si tratta chiaramente di un aumento senza un reale valore in termini di performance.

2. L’aumento dell’open rate fa diminuire il click-to-open-rate

Il click-to-open-rate (CTOR) è una metrica che indica quanti utenti che hanno letto la nostra mail hanno cliccato almeno un link all’interno della stessa (numero di click unici/numero di aperture uniche).

Tuttavia, essendo una percentuale che si basa sul numero di aperture della mail, di fatto anch’essa subisce le conseguenze della Mail Privacy Protection: non solo il dato tende ad abbassarsi ma risulta comunque falsato dato che di fatto non conosciamo il numero effettivo di aperture.

3. La pulizia dei contatti, la segmentazione e l’automation diventano più difficili

Ogni piattaforma di email marketing che si possa definire tale permette di accedere a diversi insight sui contatti della lista d’invio, così da capire se un determinato contatto è attivo oppure no e quindi pianificare un’azione di conseguenza, nonché mantenere pulito e aggiornato il database.

Tuttavia, uno dei principali fattori che determina l’inattività di un utente è proprio il tasso di apertura delle mail, ovvero quante delle newsletter che abbiamo inviato a quel determinato utente sono state aperte e quante invece no. Con la Mail Privacy Protection, potrebbe risultare che un utente sia attivo quando in realtà non lo è, di fatto rendendo i dati raccolti su questo utente inaffidabili.

Questo discorso impatta ovviamente anche la segmentazione, ad esempio tra utenti attivi e inattivi, e le conseguenti azioni di re-engagement, così come gli A/B test e l’automation basati sull’open rate.

Cosa fare per gestire la Mail Privacy Protection di Apple

Come abbiamo visto, le conseguenze di questa feature si ripercuotono in diversi ambiti e complicano non poco la vita dei marketers.

Tuttavia, ci sono degli accorgimenti che possiamo adottare per ottenere dei dati comunque affidabili che ci aiutino a trarre conclusioni veritiere sulla performance delle nostre strategie di email marketing.

1. Ripensare al modo in cui determiniamo il successo delle nostre mail

Chi fa email marketing sa che l’open rate è solo uno dei tanti dati da considerare e probabilmente sa anche che già prima della Mail Privacy Protection il dibattito su quanto fosse effettivamente indicativa del successo di una newsletter era acceso.

Sicuramente può essere un dato molto appetitoso da scrivere nei report, perché generalmente è il più alto, tuttavia non è mai stato tra i più precisi: non solo ci sono filtri anti-spam che fanno registrare aperture mai effettivamente avvenute ma il fatto che un utente abbia aperto una newsletter non significa che l’abbia trovata interessante.

Quindi, oltre all’open rate prendiamo in considerazione anche il click rate, l’unsubscribe rate nonché la delivery rate e la conversion rate: tutte metriche che fanno da termometro non solo al reale interesse di chi ci legge ma anche della qualità del nostro database.

Inoltre, alcune piattaforme hanno preso delle misure per cercare di dare agli utenti un quadro il più preciso possibile. MailUp, ad esempio, ha reso disponibile uno strumento di calcolo della percentuale di aperture sotto privacy, che indica chi ha ricevuto il messaggio su Apple Mail.

2. Basare l’automazione su trigger diversi dall’open rate

L’open rate è da sempre uno dei trigger preferiti per impostare le azioni di automazione o di retargeting. Tuttavia, abbiamo visto come sia ormai inaffidabile.

Per questo è necessario impostare dei trigger basati su una specifica azione dell’utente (ad esempio, il click su una determinata CTA), su una specifica ricorrenza (anniversari, compleanni…) o su una specifica base temporale (una mail ogni due giorni/settimane, in base chiaramente al nostro target e al tipo di comunicazione).

3. Cercare di capire cosa attiva davvero il nostro target

A volte tornare alle origini dell’email marketing e ripensare alle best practice può rivelarsi un esercizio utile per contrastare i mutamenti causati dall’avvento di nuove tecnologie e prassi.

Sperimentiamo con l’oggetto e il pre-header, con testi e inviti all’azione accattivanti; personalizziamo il mittente, utilizzando un nome che ci renda immediatamente riconoscibili e, perché no, umanizziamolo, soprattutto se coloro a cui stiamo scrivendo ci conoscono personalmente o hanno con noi un rapporto diretto. Chiamiamo per nome il destinatario, sia nell’oggetto sia nel corpo della newsletter, attraverso l’inserimento di specifici marcatori.

Per conoscere altre best practice alla base dell’email marketing, vi rimandiamo all’articolo dedicato.

4. Adottare un approccio future-ready

Come accennato a inizio articolo, il mondo digitale si sta muovendo a grande velocità verso una maggiore tutela dei diritti degli utenti online, soprattutto per quanto riguarda la privacy e la data collection.

Ci dobbiamo adattare a un mondo senza cookie di terze parti, a sempre più sistemi anti-tracciamento e a una maggiore attenzione, da parte degli utenti stessi, su come vengono raccolti e trattati i dati.

Quindi, oggi più che mai, una soft skill che ogni marketer dovrà sviluppare sarà proprio quella di saper adattare le strategie ai mutamenti del panorama digitale e aspettarsi che tali cambiamenti possano accadere da un momento all’altro.   

Se sei alla ricerca di un partner affidabile che ti supporti nelle sfide future e nella creazione di una strategia di email marketing efficace, contattaci.


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